Storia della pinsa

Storia della pinsa

Antica Roma, tra le strade della città, nella case dei contadini, nelle dispense, mensole e cucine più popolari…ecco dove nasce la Pinsa romana. Ormai rinomatissima e diventata un vero e proprio “must” anche della cucina gourmet, la Pinsa trova le sue origini nella povertà e nasce dall’ingegno di un contadino che utilizzò i cereali e le farine grezze, non potendo venderle nei mercati, per creare questo impasto dal gusto croccante e leggero. Sicuramente non aveva idea che ancora nel 2021 sarebbe stata consumata sulle tavole delle più rinomate pizzerie di tutta Italia! 

La “Pinsa”, oltre a essere esteticamente diversa dalla pizza tradizionale tonda, vista la forma più tendente all’ovale, nasconde già nel nome una delle sue caratteristiche principali. Ricca di sapori e ricca di significati, fa risalire la sua etimologia al latino “pinsère”, che significa schiacciare, allungare.

Quindi, il nome stesso ricorda la lavorazione e la stesura dell’impasto. 

Originariamente, era appunto una schiacciata dalla forma allungata, utilizzata nelle famiglie povere come pane e fatta di semplicissimi ingredienti: acqua e cereali misti (orzo, farro, miglio), condita poi con sale ed erbe aromatiche.

 

Le origini mitiche della pinsa 

Si pensa addirittura che la pinsa sia l’antenata della pizza come oggi la conosciamo, visto che ci sono testimonianze molto antiche di questo pasto: nel VII libro dell’Eneide di Virgilio (I secolo a.C.) si narra che Enea, con il figlio ed i suoi comandanti, consumò questo alimento appena arrivato nel Lazio, accolto dal re Latino e sua figlia Lavinia:

 

“Enea col figlio e co’ suoi primi duci

a l’ombre d’un grand’albero in disparte

degli altri a prender cibo insieme unissi.

Eran su l’erba agiati; e, come avviso

creder si dee che del gran Giove fosse,

avean poche vivande; e quelle poche

mme di focacce e di farrate

in vece avean di tavole e di quadre,

e la terra medesma e i solchi suoi

ai pomi agresti eran fiscelle e nappi.

Altro per avventura allor non v’era

di che cibarsi.”

Oggi, invece, la Pinsa assume tutt’altro aspetto, un piacere per il palato e anche solo per gli occhi. Questa esplosione di gusti e sapori viene servita con i più svariati ingredienti. I “pinsaioli” amano sbizzarrirsi nel condirla e presentare in tavola questa opera d’arte multicolore della cucina italiana.

La Pinsa, che si caratterizza anche per la sua eccezionale digeribilità e leggerezza, ha oggi un impasto composto da un mix di frumento, farina di riso e soia, con un’alta percentuale di acqua (idratazione all’80%) e lievito madre, utilizzato in quantità minore rispetto alla pizza napoletana tradizionale. 

Le prime pinserie, dedicate solo alla Pinsa, sono nate a Roma nel 2000. Tra i primi pizzaioli a studiarne i mix e la ricetta originale c’è Corrado di Marco, che ha riportato in auge la pinsa, modernizzandone la ricetta e rendendola il piatto perfetto da presentare sulle tavole degli italiani. D’altronde, si sa, il pizzaiolo più abile sa modellare l’impasto e lavorarlo al meglio…in questo caso per farlo aderire al gusto di una nuova epoca.

A distanza di anni, quindi, riusciamo ad apprezzare un pasto dalle origini così antiche da essere stata assaggiata persino da Enea…e forse da questo deriva anche la sua fumante e profumata epicità. 

Chi lo avrebbe mai detto? Sicuramente la prossima volta che gusteremo una deliziosa pinsa romana, seduti al tavolo della pizzeria sabato sera, il primo boccone avrà tutto un altro sapore (e forse ci farà tornare un po’ indietro nel tempo). 

a.t.

 

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