Chi ha detto che la pizza non può essere anche ripiena? La tradizione ci dice che può esserlo eccome!
Il classico calzone napoletano, la pizza ripiena o imbottita, la pizza chiusa…hanno tutte una caratteristica in comune: il condimento è anche all’interno.
Si dice che il nome “calzone” stia proprio per “grande calza” e che rimandi a una calza piena di sorprese al suo interno; ma andiamo a scoprire la storia e le caratteristiche di queste mezzelune ripiene…
Origini: il calzone è pugliese o napoletano?
C’è una grande disputa culinaria sulla vera origine del calzone al forno: è nato in Puglia o in Campania?
In Puglia ne rivendicano la paternità, come antenato del panzerotto barese. Si dice, infatti, che fosse tradizione cucinarlo durante la cottura del pane, chiudere un po’ di pasta e condirla dentro, cuocendola al forno: un espediente delle mamme per tenere occupati i bambini. Inoltre, il calzone pugliese, ripieno di spunzali e acciughe, per tradizione e buon augurio veniva servito ai novelli sposi, gli sponsali (da qui prenderebbero il nome i cipollotti del ripieno).
Ma altre fonti rivelano che il calzone sia nato a Napoli, come ricetta alternativa alla pizza: i pizzaioli, per variare, chiudevano la stessa pasta della pizza su sé stessa e la riempivano con pomodoro, mozzarella e acciughe. Usi e costumi di Napoli e contorni descritti e dipinti è un’opera letteraria di Francesco de Bourcard, che risale al 1853, nella quale viene nominato proprio il nostro calzone:
«Le pizze più ordinarie, dette coll’aglio e l’oglio, han per condimento l’olio, e sopra vi si sparge, oltre il sale, l’origano e spicchi d’aglio trinciati minutamente. Altre sono coperte di formaggio grattugiato e condite collo strutto, e allora vi si pone disopra qualche foglia di basilico. Alle prime spesso si aggiunge del pesce minuto; alle seconde delle sottili fette di mozzarella. Talora si fa uso di prosciutto affettato, di pomidoro, di arselle, ecc. Talora ripiegando la pasta su sé stessa se ne forma quel che chiamasi calzone.»
(Francesco de Bourcard, Usi e costumi di Napoli, Vol. II, pag. 124)
Dunque, è ancora dubbia l’origine territoriale del calzone, ma è sicuramente parte fondamentale della cucina di entrambe regioni e, in generale, della tradizione culinaria del meridione (lo troviamo diffusissimo naturalmente anche in Sicilia, Calabria e Basilicata).
Il calzone napoletano: ‘O cazone ‘mbuttunat
Il calzone partenopeo si trova ormai nei menu di quasi tutte le pizzerie d’Italia: è una gustosa e ripiena alternativa alla pizza. Può essere condito anche nella parte esterna, come una pizza margherita…e all’interno con mozzarella, pomodoro e basilico. Ma ci sono tantissime varianti: al prosciutto, con cipolle, olive, formaggio, oppure con le verdure, le acciughe e il classico con la ricotta. L’impasto è lo stesso della pizza, ma viene condito all’interno e chiuso ai bordi. La cottura ideale è, ovviamente, nel forno a legna.
La pizza chiusa farcita o pizza imbottita
Anche la pizza chiusa può essere liscia sopra, nella parte esterna, oppure condita con pomodoro e mozzarella. Somiglia più a una torta salata, perché può avere anche forma tonda. Si cucina come se fosse una pizza a due strati e poi si sigillano i bordi. Il ripieno è a descrizione dello Chef, ma dovrebbe essere rigorosamente filante. Le più classiche con mozzarella o provola, pomodoro e l’immancabile basilico, oppure ricotta e salame, verdure, formaggi e mortadella. Un classico, alternativo alla margherita, è prosciutto cotto e mozzarella, filante e gustoso…e si rischia di bruciarsi la lingua per quanto è buono!
Le particolarità regionali: le “scacce siciale” e “U’ pastizz rtunnar” lucano
Le “scacce” sono un piatto tipico del ragusano, rustiche e buonissime nella loro semplicità. Sono presenti nelle vetrine di tutti i piccoli forni di Ragusa e di Modica, ma non sempre si trovano nel resto della Sicilia. Possono essere di due tipi: ripiene, che sono simili al calzone al forno napoletano, un po’ più piccole e facili da mangiare anche per strada; oppure arrotolate, che sono molto difficili da cucinare e richiedono più esperienza. Per questa versione, infatti, è necessario preparare un impasto sottilissimo, che va steso e condito, poi ripiegato su sé stesso a strati, nel frattempo si aggiunge il condimento…così si creeranno una decina di livelli stratificati, morbidi e filanti. Per quanto riguarda il ripieno, la ricetta tradizionale vuole al suo interno mozzarella e pomodoro, con aggiunta eventuale di prosciutto cotto. La ricetta è rustica e popolare, quindi ognuno ha il suo modo di cucinarle e possono variare di casa in casa. Si possono arricchire con patate, verdure, cipolle, acciughe, olive…insomma, chi più ne ha più ne metta!
“U’ pastizz rtunnar” lucano, il pasticcio rotondellese, è un piatto tipico del comune di Rotondella, in Basilicata, dove per tradizione si prepara sin dal lontano 1700. È ripieno di carne di maiale o agnello, che può essere aromatizzata o no, e viene tagliata a piccoli pezzi, ben selezionata e posizionata all’interno del calzone. Si arricchisce e amalgama il ripieno con uova, parmigiano e olio d’oliva. Si differenzia dal calzone napoletano perché nell’impasto può essere aggiunto lo strutto, per un risultato più compatto e solido (ciò lo rende un alimento più da street food che da pizzeria).
Viene cucinato in particolari periodi dell’anno, soprattutto a ridosso delle festività natalizie e della Pasqua. Si cucina anche durante la festa della Madonna di Anglona: era il pranzo tipico che i rotondellesi consumavano al sacco, quando si andava in pellegrinaggio al Santuario della Madonna di Anglona.
Insomma, il calzone o grande calza si sposa a pennello con lo stivale da nord a sud…e non smette di stupirci con nuove scoperte di varianti regionali che prima non conoscevamo!
a.t.