Fotografare la pizza: le dritte di Vittorio Sciosia

Fotografare la pizza: le dritte di Vittorio Sciosia

Aumenta i like ai tuoi post con scatti più appetitosi

Un buon piatto si mangia innanzitutto con gli occhi, ma qual è il segreto per un’immagine capace di far venire l’acquolina in bocca al primo sguardo? Uno scatto fotografico ben fatto è un elemento da non sottovalutare nel tuo cammino verso il successo, specie se la posta in gioco è la comunicazione del tuo brand.

Desideri promuovere la tua attività suoi social condividendo le immagini delle tue pizze ma sei scoraggiato dalla scarsa qualità delle tue fotografie? È il momento di rendere i tuoi scatti più appetitosi. Anche se non sei un professionista, qualche piccolo accorgimento potrà aiutarti ad aumentare l’appeal delle tue creazioni e il numero di like sulle tue pagine.

Abbiamo intervistato il food photographer Vittorio Sciosia, che ci ha raccontato la sua esperienza professionale e ci ha lasciato alcune dritte per fotografare la pizza a regola d’arte. Scopriamole insieme.

 

In un’epoca in cui le foto di cibo si moltiplicano a dismisura sui social, Vittorio, quali pensi che siano gli elementi utili per emergere dalla massa? 

«Oggi come non mai si assiste a un’abbondanza, talvolta anche noiosa, di foto di food, specie sui social. Molto spesso il risultato non è quello sperato. Io credo che a un certo punto questa ubriacatura da cibo finirà. Per il momento due sono i modi per emergere. Il primo è il riscorso a una tecnica fotografica impeccabile, con le luci al giusto posto e un allestimento ben studiato. Ciò non vuol dire che il piatto debba essere complicato. Tra le mie foto di food quella che avuto più like immortalava un piatto di pasta con i pomodorini, proprio perché era una cosa semplice e allo stesso tempo invitante. L’altro fattore che interviene nel successo di uno scatto fotografico è il racconto che c’è dietro. Al di là della tecnica, se si ha l’opportunità di provare un piatto particolare, che non tutti hanno modo di assaggiare, lo scatto può essere un motivo di interesse e suscitare coinvolgimento sui social».

 

Il racconto è una costante della tua carriera fotografica. Ci parli del tuo percorso?

«Ero agli ultimi anni di università quando mi sono appassionato alla fotografia. È stato un incontro avvenuto per caso: mio padre mi regalò una macchina fotografica e insieme andammo a fare un viaggio a Santo Domingo. Credo sia stata proprio l’unione di queste due circostanze a darmi il la. La possibilità di immortalare nuove esperienze, e la possibilità di far rivivere i miei ricordi negli anni attraverso la fotografia, mi ha affascinato sin dal primo momento. Al rientro da questo primo viaggio ho cominciato a documentarmi, ho cambiato la macchina fotografica, ho parlato con delle persone che ne sapevano di più e col tempo sono entrato nel mondo della fotografia. Dopo la laurea mi sono preso un anno sabbatico ho fatto un viaggio in Centro America. Prima di partire mi sonoo documentato e ho cercato situazioni particolari da fotografare. Una volta rientrato in Italia ho venduto i miei scatti ad alcune agenzie milanesi, che mi hanno commissionato altri servizi. La tecnica era ancora grezza ma ad attirare era l’idea alla base dei miei reportage». 

Dai viaggi al food…

«Il food è stato uno sviluppo naturale della fotografia di viaggi. Se vai all’estero la prima cosa che provi è il cibo. Ho avuto la fortuna di essere stato allievo del fotogiornalista Angelo Tondini, che è stato tra i primi a capire che la foto di cibo è un ambito a sé e ha sviluppato tutta una serie di tecniche per fotografare i piatti, i ristoranti, gli chef. Lui è stato il mio mentore, quello che mi ha dato fiducia. La sua agenzia è stata tra le prime a credere in me e a distribuire le mie fotografie. Negli anni la mia esperienza si è accresciuta, ho modo di fotografare i piatti dei grandi chef d’Europa e di collaborare con giornalisti di settore, come Emanuele Barbaresi. Man mano anche la mia tecnica si è affinata».

 

Quali sono i principi cardine di una buona foto di food?

«In fotografia non esiste né profumo, né gusto. Sei limitato alla sola vista e hai compito di sfruttare al massimo quell’unico senso che hai a disposizione. Devi dare quante più informazioni possibile, lavorando sull’allestimento e sulle luci. Per valorizzare un cibo, un piatto bianco e pulito è l’ideale. È importante, inoltre, che ci sia molto campo intorno al cibo, evitando riempire troppo il piatto. Anche la composizione della pietanza è decisiva. Il piatto può essere anche buono ma per essere fotografabile deve avere colore, tridimensionalità, deve essere luminoso, interessante». 

E per la pizza? Quali sono i tuoi consigli per ottenere scatti virali?

«Io ho tanti amici pizzaioli su fb che, pur non essendo professionisti, sono riusciti a raggiungere un buon livello fotografico. I principi per una foto di pizza appetitosa sono tre».

  • Contestualizzare la pizza con l’aiuto dei props

«In ogni foto non deve mai mancare il contesto. Anche la foto di pizza deve essere condita. Ogni scatto deve essere arricchito dai props. Una manciata di pomodorini del piennolo, un po’ di farina, le mani del pizzaiolo che allargano l’impasto… anche le cose più semplici vanno bene. Si può anche evitare di ritrarre la pizza intera, basta una fetta con accanto un cestino di vimini, un recipiente contenente della provola, o anche un semplice fascio di friarielli a rendere il tutto più accattivante»

  • Prestare attenzione alle luci

«Il problema grosso della pizza è che è piatta. La tecnica fotografica aiuta a renderla tridimensionale. È essenziale una gabbia di luce per dare profondità al piatto. Un faretto, anche economico, da posizionare in controluce e un foglio di carta stagnola per smorzare le ombre possono aiutare a ottenere un minimo di tridimensionalità, anche se non si è esperti». 

  • Non lasciar mai raffreddare la pizza

«In foto e nel piatto una pizza fredda si nota. Certo, ci sono dei trucchi per renderla appetibile, ma è chiaro che sono artefici. Non  è il mio stile, il tipo di fotografia che io faccio. L’immediatezza ripaga con un maggiore coinvolgimento del pubblico».

 

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